Negli ultimi anni, la figura dell’influencer è diventata sempre più rilevante nelle dinamiche commerciali e nella promozione dei prodotti. Le aziende si affidano a creator digitali per ampliare la propria visibilità e intercettare nuovi target di consumatori. Questa prassi ha sollevato un interrogativo giuridico di grande interesse: quando il rapporto tra influencer e impresa può essere assimilato a un contratto di agenzia?
Il contratto di agenzia: inquadramento tradizionale
L’art. 1742 c.c. definisce l’agente come colui che, in maniera stabile e continuativa, assume l’incarico di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente, operando in una determinata zona o per una determinata categoria di clienti. La caratteristica fondamentale è dunque la promozione su base stabile e con continuità di affari, finalizzata alla conclusione di contratti tra il preponente e i terzi.
L’agente non si limita a pubblicizzare, ma svolge un’attività che ha come obiettivo la conclusione di rapporti contrattuali: percepisce provvigioni in funzione degli affari andati a buon fine e opera all’interno di una cornice normativa ben definita (obblighi, diritti, indennità di fine rapporto, ecc.).
L’attività dell’influencer: comunicazione o intermediazione?
Diverso è il ruolo dell’influencer. Il creator, infatti, mette a disposizione la propria visibilità sui social media per promuovere prodotti o marchi, spesso tramite post, stories o video. Nella maggior parte dei casi, la sua attività si riduce a una prestazione pubblicitaria: l’influencer mostra un bene, ne consiglia l’acquisto, indirizza il pubblico al sito del produttore, ma non svolge un’attività diretta di promozione della conclusione di contratti.
La retribuzione, in genere, è stabilita in misura fissa (fee per contenuto o campagna) e non in percentuale sugli affari conclusi. Ciò costituisce un elemento che lo distingue nettamente dall’agente.
Quando può emergere un rischio di qualificazione come agenzia
Tuttavia, vi sono casi in cui la collaborazione tra influencer e azienda può assumere caratteristiche simili al contratto di agenzia. Ciò accade quando:
- l’influencer svolge un’attività stabile e continuativa, non limitata a campagne isolate;
- il compenso è parametrato sugli affari generati (ad esempio provvigioni per ogni contratto concluso grazie a un codice sconto personale abbinato all’influencer);
- l’attività non si riduce a pubblicità generica, ma si concretizza in una vera e propria intermediazione commerciale tra consumatore e impresa.
In tali ipotesi, il rapporto potrebbe essere riqualificato come agenzia, con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano: diritto a provvigioni, obblighi di esclusiva, tutela in caso di cessazione, indennità di fine rapporto.
I rischi per le imprese
Le aziende che si avvalgono di influencer devono prestare particolare attenzione nella redazione dei contratti e nelle modalità di svolgimento del rapporto di collaborazione. Un accordo mal formulato potrebbe generare contenziosi, con rivendicazioni di diritti tipici dell’agente. La giurisprudenza italiana ha già mostrato una certa tendenza a valutare la sostanza del rapporto più che la forma contrattuale: ciò significa che la mera etichetta di “contratto di collaborazione” o “prestazione di servizi” non esclude la possibile riqualificazione giudiziale, mentre una particolare attenzione va prestata nelle concrete modalità di svolgimento del rapporto.
Come strutturare i contratti con gli influencer
Per evitare problemi di qualificazione, è consigliabile che i contratti con influencer specifichino chiaramente:
- la natura pubblicitaria e di mera comunicazione della prestazione;
- la retribuzione in misura fissa, non collegata direttamente agli affari conclusi;
- l’assenza di vincolo di stabilità, continuità o di esclusiva tipici del contratto di agenzia;
- il richiamo alle norme sul diritto d’autore e sulla disciplina pubblicitaria, più pertinenti rispetto a quelle dell’agenzia.
Riflessioni finali
La frontiera tra attività pubblicitaria e attività di agenzia diventa sempre più sottile nell’era digitale. Se l’influencer agisce come semplice testimonial, il rapporto rimane nell’alveo del contratto di prestazione d’opera o di sponsorizzazione. Se invece diventa un vero intermediario di affari che promuove direttamente la conclusione di contratti, può scattare la disciplina protettiva dell’agenzia.Per le imprese, dunque, la corretta qualificazione contrattuale non è una questione formale, ma un elemento essenziale, da valutarsi anche in base alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, per prevenire rischi giuridici ed economici.


